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Deducibilità welfare aziendale: cosa sapere

Il welfare aziendale è un’opportunità, per le aziende, di migliorare lo stile di vita, il clima di lavoro e, in generale, il livello di soddisfazione dei propri dipendenti. Tutto ciò si traduce in una maggiore attrattività verso i talenti presenti sul mercato, un minor tasso di dimissioni e nell’aumento della produttività. A tutto ciò si aggiungono diversi vantaggi sia contributivi che fiscali per le aziende che adottano il welfare. Di seguito approfondiremo l’aspetto della deducibilità del welfare aziendale.

Cos’è il welfare aziendale: una breve definizione

Il welfare aziendale rappresenta un insieme di servizi, beni, misure e prestazioni, offerte da un’azienda ai propri dipendenti, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita lavorativa e personale. Un piano di welfare può prevedere al suo interno sia misure previste dai Contratti collettivi di Lavoro (Nazionali o Territoriali), sia introdotte con un regolamento aziendale (welfare puro o unilaterale) e sia, infine, da Contratti collettivi aziendali.

Quella di proporre un piano di welfare è una pratica in crescita, perché ormai sempre più aziende riconoscono i benefici del welfare e sempre più lavoratori considerano i benefit proposti da un’azienda per decidere se accettare un’offerta di lavoro o meno.

Chi può beneficiare del welfare aziendale

I beneficiari del welfare aziendale sono principalmente i dipendenti delle aziende che adottano tali misure e, in alcuni casi, anche i loro familiari individuati dall’art.12 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR).

Oltre ai dipendenti, il welfare può coinvolgere anche gli amministratori e membri del cda.

Questi servizi possono riguardare diverse aree della vita quotidiana, come la salute, l’istruzione, il tempo libero e la mobilità.

Deducibilità del welfare aziendale: la normativa di riferimento

La deducibilità fiscale del welfare aziendale è regolamentata principalmente dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR). Gli articoli di particolare rilevanza in materia di fiscalità del welfare sono l’articolo 51, l’articolo 95 e l’articolo 100, che identificano i servizi e i beni che non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente e gli eventuali limiti di esenzione. Nel corso degli anni sono state poi emanate nuove disposizioni, come la legge 208/2015 e il Decreto Interministeriale 25 marzo 2016, che hanno introdotto un sistema di tassazione agevolata sui premi di produttività e la possibilità, se prevista dall’accordo di 2° livello (territoriale o aziendale), che il lavoratore possa chiedere di convertire, in parte o totalmente, il premio di risultato (PDR) in servizi welfare.

Ma andiamo ora ad approfondire il tema della deducibilità per le principali tipologie di welfare aziendale.

La deducibilità dei costi del welfare aziendale previsto dai CCNL

I piani di welfare previsti dai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL) spesso offrono benefici fiscali sia per le aziende che per i dipendenti. In generale, i costi legati a questi piani welfare sono interamente deducibili dal reddito d’impresa e il loro valore non è tassato per il dipendente.

La deducibilità del welfare aziendale puro

Il welfare aziendale puro o unilaterale si riferisce ai piani di welfare non previsti da CCNL ma offerti direttamente dalle aziende, di propria iniziativa. In questo ambito si distinguono due casistiche:

  • Se le iniziative di welfare fanno parte di un atto unilaterale “non vincolante”, e quindi non sono iscritte in un regolamento aziendale: secondo quanto riporta il comma 1 dell’articolo 100 del TUIR, le spese “sostenute per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto” sono deducibili solo per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille delle spese per prestazioni di lavoro dipendente.
  • Se il welfare unilaterale è inserito all’interno del regolamento aziendale: ed in tal caso si genera una cd “obbligazione negoziale”, è possibile dedurre il 100% delle spese dal reddito d’impresa.

È bene ricordare, tuttavia, che per poter beneficiare dei vantaggi fiscali le spese del welfare aziendale devono essere destinate alla totalità o a categorie omogenee di dipendenti.

Deducibilità dei premi di risultato

La Legge di Stabilità del 2016 ha introdotto regole specifiche per la deducibilità dei premi di risultato. Questi premi, se previsti dalla contrattazione collettiva di secondo livello, possono beneficiare di regimi fiscali agevolati, garantendo deduzioni per le aziende e esenzioni fiscali per i dipendenti. Per i lavoratori, la Legge di Bilancio 2023 prevede che, per l’anno in corso, venga applicata una tassazione del 5% sui premi di risultato che non superano i 3.000 euro lordi, solo per i lavoratori che nell’anno precedente hanno avuto un reddito fino a 80.000 euro (gli anni precedenti la tassazione era del 10% e così dovrebbe tornare dal 2024).

Inoltre, come anticipato precedentemente, se è previsto all’interno dell’accordo di 2° livello, il dipendente può chiedere di convertire tutto o parte dell’importo del PDR in servizi welfare, beneficiando quindi della completa irrilevanza ai fini dell’imponibilità. La conversione del premio di risultato in welfare porta vantaggi anche all’azienda, che non dovrà versare i contributi INPS sull’importo del PDR.

In conclusione, la deducibilità del welfare aziendale rappresenta un importante incentivo per le aziende nell’offrire tali servizi. Tuttavia, è essenziale per ogni organizzazione essere sempre aggiornata sulla normativa fiscale e previdenziale in materia, per garantire la corretta applicazione dei benefici previsti. Un’adeguata consulenza HR consente di essere sempre aggiornati in materia di deducibilità del welfare; Labor-b, presente sul mercato da oltre 20 anni, è un partner completo ed integrato nel mondo dei servizi HR e offre alle aziende una consulenza altamente professionale. Dal 2016 ad oggi Labor-b ha supportato oltre 300 aziende nell’introduzione del welfare aziendale nelle realtà. Scopri i nostri servizi.

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