di Andrea Cantini – Key Account & Sales Manager Labor-b
Tutte le aziende che incontro in questo periodo mi parlano di enormi difficoltà nel #recruitment.
Il dato è oggettivo fornito dall’Istat è che a Maggio 2023 crescono gli #occupati e mentre il tasso sugli #inattivi tra i 15 e i 64 anni rimane invariato.
Rispetto a Maggio 2022, diminuisce il numero di persone in cerca di lavoro (- 4,8%, pari a -98mila unità) e il numero di inattivi tra i 15 e i 64 anni (-2,7%, pari a -351mila).
Forse in questa scarsità di risorse potrebbe valere la pena concentrarsi intanto sulle persone in azienda e quindi sulla riduzione del #turnover.
Il#turnover è infatti un elemento che puo’ indirettamente influenzare anche l’#attraction dell’azienda.
Quante volte avete rinunciato ad una candidatura perché avete notato troppo movimento in uscita da un’azienda?
Oltre a questo il #turnover è sicuramente un costo molto spesso sottovalutato dalle aziende.
Vi siete mai soffermati a quantificarlo?
Noi di Labor-b SpA lo abbiamo fatto.
Vi riporto alcuni degli elementi che vanno ad alimentare tale costo:
1. COSTI DEL PROCESSO DI SELEZIONE ( Costo giornate lavorative addetto alla selezione per ricerca del candidato / costo head hunter esterno, Costo giornate lavorative responsabile di settore per colloqui tecnici, Costi per eventuali inserzioni, etc..)
2. COSTI PROCESSO D’INSERIMENTO ( Giornate consulente/Hr per produzione lettera d’intenti e negoziazione, Costi amministrativi per assunzione, Costo set up dispositivi aziendali/ prenotazione benefit, Costo formazione obbligatoria, etc..)
3. COSTO MANCATA/RIDOTTA PRODUTTIVITA’ NUOVO COLLEGA.
4. COSTO ASSORBIMENTO RESPONSABILE/COLLEGHI A SUPPORTO DEL NUOVO INSERITO
Per avere un’ idea, la sostituzione di un collaboratore con un costo azienda pari a 50 k e un tempo di allineamento al ruolo/operatività di 12 mesi , puo’ costare all’azienda oltre i 110 k.
A questo dovremmo aggiungere l’impatto del #turnover in termini di perdita di Know how e di clima aziendale.
Per questi motivi probabilmente il miglior modo per fare attraction diventa appunto attuare politiche orientate alla retention e quindi sul benessere organizzativo.
Questa visione diventa ancora più evidente nelle aziende che hanno a che fare una popolazione aziendale composta prevalentemente dalla generazione Z.
Questa generazione ha un’aspettativa diversa dal lavoro: richiede l’utilizzo al lavoro di tecnologie all’avanguardia, orari flessibili, smart working , salari più alti e un welfare aziendale evoluto.
Quindi, come possono le aziende e i team delle risorse umane creare strategie efficaci per attrarre, coinvolgere e trattenere i migliori talenti della Generazione Z?
Ecco alcuni esempio di azioni con cui i datori di lavoro possono attrarre, coinvolgere e trattenere i migliori talenti della generazione Z.
- Fornire chiare opportunità di sviluppo per la loro carriera
- Creare una cultura del lavoro inclusiva
- Implementare una gestione efficiente del tempo
- Lavorare sul benessere come priorità
- Investire nella tecnologia più recente
- Potenziare la capacità di management dei team leader
- Avere metriche chiare e trasparenti di misurazione del ruolo sia su aspetti hard che soft
- Comprendere le leve motivazionali dei talenti
- Occuparsi della crescita professionale del talento anche quando quella gerarchica o economica non è possibile
Certo che come sempre ci diciamo, le politiche Hr non possono essere estemporanee ma devono integrarsi in modo armonico e sostenibile nella People Strategy dell’impresa.